Oggi, in seguito all’approvazione dell’aggiornamento della lista Ue dei paradisi fiscali da parte dei ministri degli affari esteri Ue, i Socialisti e Democratici all’Europarlamento hanno accusato l’Unione di avere un occhio di riguardo nei confronti dei Paesi più ricchi e potenti, e riaffermato la propria richiesta per l’adozione di criteri più stringenti e puntuali d’individuazione dei paradisi fiscali da inserire nella lista nera Ue.

Aurore Lalucq, eurodeputata S&D e portavoce in materia di fisco, ha dichiarato:

“Ancora una volta la lista Ue dei paradisi fiscali ha lasciato fuori dalla rete i pesci più grossi. Sono stati inseriti nella lista nera altri dodici Paesi, tutti di piccole dimensioni, di cui undici isole tropicali: nessuno stato di grandi dimensioni, nessun Paese ricco, né tantomeno alcun Paese europeo. L’Australia, che non ha onorato i propri impegni d’intervenire sul proprio sistema fiscale, peraltro ancora non chiari, si è sfilato dalla rete. Non c’è da stupirsi se la lista nera Ue dei paradisi fiscali abbraccia solo il 2% della montagna di denaro nascosta nei paradisi fiscali, il che la rende un’arma spuntata nella lotta ai reati fiscali e del tutto inefficace.

“Nel 2021 i governi europei dovranno finalmente trasformare la lista in uno strumento robusto e incisivo, prevedendo criteri più puntuali e che funzionino realmente. Com’è possibile che solo due dei tredici Paesi in cui vige l’aliquota fiscale zero figurino nella lista? Quale messaggio più chiaro ai paradisi fiscali o alle società che non pagano alcuna tassa sui profitti? Noi chiediamo che i Paesi con regimi fiscali con aliquota zero rientrino automaticamente nella lista.

“L’unico modo per porre un freno alla deleteria concorrenza fiscale internazionale è istituire un’aliquota fiscale minima effettiva per le società, valida tanto a livello europeo quanto a livello internazionale. Il nostro modello economico non si può reggere su una corsa al ribasso in materia fiscale fra gli stati membri Ue. Dobbiamo anzitutto mettere ordine in casa nostra e inserire tutti i paradisi fiscali nella lista, compresi i Paesi dell’Ue. Questo sarà il primo passo verso un nuovo modello basato sulla trasparenza e la cooperazione, che ci permetterà di combattere l’evasione fiscale in tutta Europa”.

Jonás Fernández, eurodeputato S&D e portavoce del Gruppo per gli affari economici e monetari, ha commentato:

“Le rivelazioni di Openlux ci hanno ricordato dolorosamente che i paradisi fiscali prosperano, anche e persino nell’Unione europea. La procedura di monitoraggio dovrebbe essere estesa a tutti i Paesi Ue, che allo stato attuale ne sono esenti. Persino con i deboli criteri in vigore, alcuni Paesi Ue rientrerebbero a pieno titolo nella lista nera. In una nostra recente risoluzione, il Parlamento europeo si è impegnato a investigare e monitorare tutti gli stati Ue coinvolti in elusione o evasione fiscale. Solo se teniamo in ordine casa nostra potremo essere leader credibili e autorevoli nel campo della giustizia fiscale.

“Il Gruppo Codice di condotta, l’organo deputato al monitoraggio dei paradisi fiscali, si riunisce a porte chiuse, senza scrutinio pubblico. Per garantire uno scrutinio appropriato, il Parlamento europeo deve essere coinvolto nella procedura.

“Dopo anni di stallo, i ministri Ue questa settimana dovranno decidere sul sistema di rendicontazione Paese per Paese, che obbligherà le compagnie multinazionali a rendere pubbliche le proprie informazioni fiscali e aiuterà prevenire l’elusione e l’evasione fiscale. Chiediamo ai ministri Ue di mostrare coraggio e compiere questo importante passo verso la giustizia fiscale”.

Note:

Qui troverai la risoluzione del Parlamento europeo adottata dall’Assemblea riunita in plenaria.

Nel 2017 l’Ue pubblicò la prima lista nera e la lista grigia dei paradisi fiscali, ufficialmente note come le liste Ue delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali. Gli stati membri elaborarono e consegnarono queste due liste al Gruppo codice di condotta per la tassazione delle società, un gruppo segreto di esperti dei governi, utilizzando tre criteri: trasparenza, giusta tassazione e aderenza al pacchetto BEPS dell’OCSE, le misure anti erosione della base imponibile e anti trasferimento dei capitali. I Paesi che non soddisfino anche uno solo di questi criteri sono inseriti nella lista nera (ufficialmente Annex I), a meno che non assumano l’impegno di implementare le riforme necessarie, nel qual caso sono inseriti nella lista grigia (chiamato ufficialmente Annex II).

 

Gli impegni assunti da alcuni stati che figurano nella lista grigia rimangono ancora dietro riserbo. È il caso dell’Australia per la quale sia l’ST 5134 2020 INIT (2020) “Relazione dei progressi – Australia”, sia l’ST 5007 2019 INIT (2019) “Lista Ue delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali – lettera d’impegno dell’Australia sul suo regime fiscale recentemente identificato come AU001”, non sono ancora stati resi noti. Il punto nevralgico del sistema australiano, identificato come “Unità bancaria offshore”, è stato citato solo nella panoramica dei regimi fiscali preferenziali e in altre misure esaminate dal Gruppo codice di condotta (Tassazione delle società) nell’ambito dei criteri Ue 2.1 e 2.2 per l’inserimento nella lista (ST 8603 2020, giugno 2020).

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